Tenerezza e violenza: anche a Gussago si è portato…
11 MARZO 2017
In un villaggio di vigne e operai, la sera evita curve e pali; si apposta sul sagrato di pietra, spia musici in prova, ritratti sinceri di donna che (si) cita sui muri, parole anestetiche in backstage esistenziale.
Ma poi lei (la sera del LOTTO MARZO) arieggia la chiesa senza vecchi riti; posa, con intenzione, sulle sedie in attesa delle tracce diurne di anime a testa alta in mille piazze. Solo musica, racconto e poesia accederanno qui, ora, dopo che legami complici e apprensivi hanno abitato per un attimo l’introibo.
Artemisia disegna un no alla vendetta: la spada di donna stacca la testa dal cuore del prigioniero cieco e sciocco, per invertire la storia e pacificare il potere; solo mani di donne ed uomini insieme puliscano il cielo e rivoltino la terra, riconnettano l’eros con il logos, rigenerino la forza con la tenerezza, il coraggio con la fragilità, il pensiero con l’emozione.
E quando tamburo e chitarra, violino e voce, narrano di abissi e dilemmi, cantano timidi varchi e trepidanti speranze, la spirale del vento ondeggia e accoglie. Da spighe a ginestre, prende nome e parola da una fata consapevole come un pensiero riemerso (Cri), e intanto si lascia prendere la mano da musici lesti come acrobati lievitanti. Silenziosa esplode nei mille pensieri diversi di chi ascolta e applaude, si affida a simboli che e-vocano speranza per tutt* lì presenti, rapit* a pensarsi pontili gentili per nuovi approdi e inattese partenze.
Anche il vento aggrotta le ciglia e poi distende lo sguardo, riporta via una brezza di luce che prima non c’era o dormiva.
E per questa (in)consapevole pienezza nessuno/a voleva che il concerto finisse ma insieme si è usciti/e a seguire al buio il vento che da lì sembrava sorto per andare oltre.