Gilania a Bergamo

Squarci aperti su nuovi futuri

29 APRILE 2023

Gilania (ovvero aggrumare profezia per sconfinare -grazie Cristiana- in Eutopia):

  • più grande l’emozione del cuore o la perizia della mente ad accendere il cammino pensante per 1000 e più giorni?

  • Più agile il sogno che traccia la mappa o il desiderio che soffia sul fuoco?

  • Più teso l’agile corpo o l’ostinato metodo dell’ingaggio?

No, no, niente gerarchie binarie, ma:

  • corpo&cuore&mente;

  • inquietudine&ricerca&generatività;

  • radice&storia&creatività;

  • solitudine&impazienza&alleanza

in questo progetto che dà e prende voce: evoca (storie possibili), provoca (squarci luminosi), invoca (passi pacifici), convoca (generazioni affiancate in futuri possibili). In questo avvento tra scienza e biografia, tra città del pensiero e contado dell’agire, tra garanzia del metodo e avventura dell’esplorare, tra forme/formiche della conoscenza e cigni neri dell’inatteso.

Sere incerte e nervose di questo aprile pur odoroso e cangiante: in scena Paola&Chiara&Michele fanno voce di un testo (Elena e Cristiana), gesto di un verbo, dramma di un pensiero, grido di una attesa, invito di un sogno, disegno di uno sguardo tra pozzo scuro e prato luminoso. Gesù il Nazareno rompe la crosta della storia già detta, Pasolini aggiorna e sveglia con/per noi l’eresia del vero.

Cadono armature, evaporano stereotipi quando il potere che subalterna si vergogna di sé, si fa equa possibilità, condivisa appartenenza, lieta concezione di diversità, impasto di età e pioggia di domande, cura di risposte inclinate all’abbraccio. Ecco lo squarcio da cui passare per lasciare indietro i giganti cattivi e morenti della guerra capitale.

Ecco il sogno possibile: Gilania ri-apre un varco che la storia dei giganti aveva nascosto col potere del buio. Catarsi convissuta (il cammino si fa camminando) nel piccolo teatro di grandi cuori e consapevoli vissuti.

E scendendo per pietre antiche un suono di luce appostata stupisce il passo; come stupirà nell’insonnia l’avvento dell’alba: al di là della porta a nuvole aperte e cieli puliti, forse non mancherà quasi nessuno/a.

Alle prossime!

Gilania Bergamo
Gilania per blog

Gilania a Brescia

17 APRILE 2023

Un cammino nel deserto (sabbia /vento /ginestre) si fa tenda nel transito, sosta per dire/dirsi, ri-conoscersi umanità tra dolore e speranza, tra dubbio e coraggio: tanta gente diversa, a sera fresca nel giorno della Parola che scalda, si allaccia nel cerchio della scena. Contronarrazione a più voci e  lingue, appassionata da una memoria che genera possibilità, da una scienza che palpita riscatto, un disegno che svela lo specchio del giorno.  Una indagine accorata si fa rappresentazione pluriversa di grumi di corpicuorimenti non rassegnati a poteri violenti, a tessere legami di pace, ad acciuffare -la corda è sottile ma resiste- libertà condivise e coevolventi, a sciogliere la denuncia rabbiosa in rigogliosa adunata di pace.

Teologie intrepide tra Gerusalemme e Casarsa, epistemologie inermi oltre i muri dei poteri, sconfinamenti del pensiero in poesia, del desiderio in possibilità, della parola che squadra in soffio che genera. E – nella notte scossa dai profumi di nuove consapevolezze – uscire smossi e smosse dal tempio, per non rientrarci più: perché un immaginario è stato congedato ed espulso, perché uno nuovo può germinarsi nel ventre fecondabile di una  Storia, ancora non detta ma già annunciabile.

Questo si è compiuto ieri sera, a Brescia, nella periferia che incrociando differenze segnala la direzione del cammino. Orgogliosa tutta Alilò di un progetto che si compie per proseguire; che si è fatto carne in baratti e scommesse, scontri e incontri, generosità e competenze, mute fatiche e abbracci  creativi di voci/mani/gesti. Un percorso ostinato e contrario, declinazione di un impegno di chi ha pensato, co-scritto, tenuto il filo, vegliando trepida/intrepidamente su ogni momento del procedere, cercato l’acqua pulita per impastare grano e lievito, eros e logos, Cristiana che con Paola, Chiara, Michele ci hanno portato qui, a sostare per un momento in questa tenda che ci porteremo dietro e dentro fino a conoscere il colore del vento. Da questa sera di conferma che riconferma e apre porti a nuove generazioni. Come la certezza dell’alba che fiammeggia primavera.

“Nel Grembo umido, scuro del tempio
l’ombra era fredda, gonfia d’incenso;
l’angelo scese, come ogni sera,
ad insegnarmi una nuova preghiera:
poi, d’improvviso, mi sciolse le mani
e le mie braccia divennero ali,
quando mi chiese – Conosci l’estate –
io, per un giorno, per un momento,
corsi a vedere il colore del vento”.
Fabrizio De Andrè

“Siamo stanchi di diventare giovani seri,
o contenti per forza, o criminali, o nevrotici:
vogliamo ridere, essere innocenti, aspettare qualcosa dalla vita, chiedere, ignorare.
Non vogliamo essere subito già così senza sogni.

La mia è una visione apocalittica. Ma se accanto ad essa e all’angoscia che la produce, non vi fosse in me anche un elemento di ottimismo, il pensiero cioè che esiste la possibilità di lottare contro tutto questo, semplicemente non sarei qui, tra voi, a parlare… Dare scandalo di mitezza”.
Pier Paolo Pasolini

Pace&Guerra scuole

Desiderio&Profezia

15 NOVEMBRE 2022

La nonviolenza: mi sembra una nozione stupenda. Essa è estremamente aristocratica (Gandhi, Russel , Dostojevski): d’origine preevangelica (orientale); tale sua fondamentale aristocraticità è facilmente accepibile dalle masse coscienti: non c’è contraddizione tra la sua elezione e la sua popolarità. La nonviolenza è l’acme ideale di una concezione razionale della realtà. Se ogni forma del pensiero ha bisogno, nell’atto pratico, di una manifestazione concreta e basata quindi sul sentimento e la persuasione, la nonviolenza è l’atteggiamento sentimentale e persuasivo di chi è totalmente fuori da ogni conformismo, di chi si è totalmente “liberato” attraverso gli strumenti della ragione e della cultura.

Pier Paolo Pasolini (Vie Nuove, 4 gennaio 1962)

Hanno sciamato sui bastioni della città (pietre di guerre per identità&potere) 450 api in volo, giardiniere e fornai del polline di futuro, monadi a soglia aperta e slabbrata (tumulto vertiginoso tra il pozzo dentro&fuori e la rete fuori&dentro). Per arrivare qui a sentire parole&musiche non facili da capire e cantare. Per poter mutare ansiosi vagabondaggi in marce convinte, per non cedere al ricatto atroce di una libertà che ti compra per mandarti in guerra, di una rassegnazione alla violenza che si perpetua in privilegi, di un realismo diabolico che uccide desideri di “largo noi”.

Performance avvincente più che mai: musica&canto perfetti per colmare l’imperfezione tra chi suona e chi ascolta, parole&respiri sublimi (=che giungono sotto la soglia più alta) per dare consapevole sostanza a un sogno di pace. Non tutto era già o subito riconosciuto, non tutto era già risuonato o subito intercettato. Ma il ventre delle api si è fatto infine sciame di lucciole nei telefoni ondeggiati nel buio. A dire che l’essere si è fatto comune esserci, per sapere che si può in marcia partire, per dire con adolescente impudenza che “tra uccidere&morire c’è una terza via: vivere”; “donne&uomini insieme, per abitare la Terra in un respiro grato”.

Un riconoscente grazie a Alessandro, Carlo, Cristiana, Daniele, Maurizio, Stefania: l’emozione persevera l’agire

PS: & era un segno commerciale; per noi è il nodo che assicura alla mano il filo dell’a(c)quilone che geolocalizza la speranza delle api

Locandina Pace&Guerra scuole
Pace&Guerra scuole
pace e guerra blog

OpenUp 2022 – “Prima” di Pace e guerra

13 LUGLIO 2022

Tra uccidere e morire c’è una terza via: vivere (C. Wolff)

Dolore solenne, consapevolezza acuta, emozione vaticinante: in principio era la pace gylanica e l’abbraccio; poi -ed ora ancora- patriarchi e guerrieri in ricorrente violenza; alla fine -poete vibranti- sarà umanità che cura pace.
Non solo l’imbrunire lento era magico (la luna piena in incognito ascoltava sotto il palco, cuori di convenuti liocorni anticipavano il ritmo, la pelle accaldata fioriva di brividi pungenti).
Musica avvincente di gesti sonori; parole limpide di donne, assorte, in fiori chiaroscuri. Per addii di sangue e lacrime, fughe di inesausti seminatori, macelli di giovani radici, paure di morte che arrestano la mente, avide monete spremute dai cannoni.
Ma per convinta dolcissima sapienza si scova il pertugio che lascia le tombe per riabbracciare il mare, che diserta lo scannatoio per cercare legami, che coltiva una rosa di gennaio per curare la primavera, che evapora veleni violenti e ne fa pioggia sottile, come un dolore che perde i pugnali, come lo sguardo di una mano che esplora un altro io, come l’abbraccio amicale di un grumo di grazia.
Sul palco, balaustra di pensieri mordenti e moventi: Cristiana assorta veggente (Cassandra & Lilith), Alex profondo canto pluriverso, Carlo di mani ebbrezzanti corde inquiete, Maurizio timoniere a battiti di cuori, Daniela che in agile virtù penetra anime.
Nessuno/a voleva che finisse la sera: avendo provato rabbia e amore, stanchezza e sogno, fragilità dell’essere e potenza di un desiderio portato via come dono da ri-donare: “… donne e uomini insieme a ricordare/ che ciò che più vogliamo, il nostro fine supremo: / stare nella pace. Abitare la terra/ in un respiro grato. Noi ultimi arrivati” ( M. Angela Gualtieri)

pace e guerra per blog
corso radici online 2020

Le radici culturali della violenza “salpa” nel mare del…

23 MAGGIO 2020

Sospeso sull’arco incerto tra paura e responsabilità on virus highway, il corso attendeva un segnale di partenza, una mossa di sciacquio e brezza, una convinzione sfidante. Pensieri nuovi sul cassero, lunga rincorsa del desiderio di partire, la tolda era vuota di corpi ma non c’erano assenze di sguardi e abbracci a distanza. Le radici culturali della violenza n. 4 aveva già acceso decine di viaggiatrici e viaggiatori, bagagli in mano, sacche di domande, tracce curiose su viso e cuore. Per pescare incontri, tramare consapevolezze, gonfiare le vele per andare dove l’acqua confonde e ricompone colori e generi, svela poteri e rivolte, urla ferite e rinunce, placa prestazioni e sconfitte.

Ecco: qualcuna toglie – parte un applauso – le transenne, abbassa la corda, chiede alfabeti nuovi e penne invisibili per non perdere il coraggio del dire e la spirale del gioco.

Si parte, (sì, si parte!) insieme da stelle diverse di un unico cielo, al primo bando di Isotta con vele nere e bandiere rosse e conchiglie di sussurri e grida.

E la brezza congiunge lunghissima fremiti e bocche di ogni navigante che già ama ogni anima della ciurma (incantata e incantevole).

Un maschio plurale disegna alterità che si cercano, una donna affettiva svela domande di conoscenza implume e imbarazzi di adulti vacillanti (età disperse) e verrà un giovane Teseo a smuovere corpi e bussole.

Si gioca il cuore e la fantasia per riempire la libertà di responsabilità invece che di paura. La giovane pilota delle onde che inquadrano i volti in viaggio rilega nuvole di parole e legami di menti. È proprio Alilò che com-bacia eros e logos, sazia la fame di rigore e la sete di leggerezza.

Non si torna più indietro, baldanzose & assennate argonaute di una storia che diversamente e di nuovo dal dentro viene narrata.

Buon viaggio da un attonito camallo di porto

Isotta 26-11-19 Bergamo

26 novembre: Le radici culturali della violenza. Capire per…

26 NOVEMBRE 2019

Giornata mondiale contro la violenza delle donne: in Unibg dibattito con performance e presentazione del libro a cura di Cristiana Ottaviano

C’è un’ombra nera e viola, ai passi della sera, sul prato bagnato (chiostro antico per chierici e ancelle in cerca di saperi): una radice oscura avviluppa la ricorrenza (appena alle spalle il 25 novembre): parliamone (dice l’amore che muove la mente a capire).

Aula attenta, generazioni plurime, sedie rosse e affreschi sotto le capriate; Isotta (Sophie) entra in scena, grida frammenti del suo dolore, protesta l’accidia impotente del maschio recline, invita le donne a non recidere il legame, imperfetto ancora e irrinunciabile ormai, con il sé del corpo-cuore-mente.

È così oltre la nave nera il suo sentire: legnifica Tristano e Marco, prigionieri di ruoli e culture che annidano violenze. Ferite forti, come quella che Chiara Drago (giovane sindaca nelle nebbie padane) ha dovuto curare nella sua comunità per il più recente femminicidio qui vicino.

E così Cristiana Ottaviano può giocare la carta consapevole della parola scritta, della conoscenza cercata, della esperienza svelata. Si presenta il primo volume (ALILÒ auctor) di una collana (editrice Lubrina, con Ornella Bramani prestidigitatrice) che fissa tracce di un percorso di “pubblico impegno” dell’Università di Bergamo sulle frontiere delle relazioni in mutamento tra alterità, generi, ruoli, identità e dis-identità. Si sono cercati (tra eros e logos) nuovi alfabeti, linguaggi (loro sì) intersezionalmente abbracciati tra senso, suono, maschera (parola, canto, teatro), rialimentati ingaggi per coevoluzioni possibili e pacifiche (Alessio Miceli ne ha narrato la cura possibile).

L’ombra all’uscita è ancora lì, più scura ma immobile come pietra senza artigli: consapevole che solo la consapevolezza diffusa del perché genera desiderio di pace in cammino, di cura in comune, pubblico impegno di umanità senza limiti. La luna era una sfera, ora una spirale che apre tenera la notte a passi forse più attenti.

Isotta a Bergamo

Resti, storie siriane a Sarezzo

26 GIUGNO 2019

Alilò a Sarezzo (etimo di recinto, perimetro, scambio di armenti): a metà valle industriosa ci chiama una pattuglia di umanità resistente e generante (una cooperativa che accoglie diffusamente sconfinando, un Comune coraggioso che incoraggia, una Comunità montana che si dà parola appassionata). Ci sono storie nell’aria che tiene a lungo il giorno per la coda, ci sono cento persone che ascoltano, cento passi dalle frontiere scosse del lontano che si fa vicino, cento gocce di incanto della sera che attende le narranti. Ecco, Elena&Laura con Marco, accolte/i e accoglienti, invitano ad entrare nel perimetro del campo di donne che non hanno perso la parola che taglia, consola, ricuce, ricorda, inabissa, assorella.
Passo per passo, pubblico di stanza e nomadi di passaggio si com-prendono in un unico cerchio (restiamo umane/i), agitano sommessi l’unico crogiolo di dolori quotidiani ed eterni, rincorrono navi fermate in mare dalla crudeltà del tempo tutto presente, si fanno insieme sciame di lucciole che tengono lontano la paura di un’alba buia e violenta, confessano -nell’emozione che si scioglie in applauso riconoscente- di sentirsi (se stasera siamo qui) meno soli/e nella brezza gentile che fa della nostalgia di bene un varco (e-mozione) oltre i confini. Come Alilò sogna e tesse. Come una valle che dà casa all’angelo vestito da straniero.
Grazie Elena&Laura&Marco: non c’è dura pioggia se continuate a narrare, come questa sera, di sconfinata umanità.

Tenerezza e violenza nel maschile: concerto- conferenza

6 DICEMBRE 2018

Ma perché gli uomini che nascono sono figli delle donne

Ma non sono come noi

Amore gli uomini che cambiano sono quasi un ideale che non c’è

Sono quelli innamorati come te

(M.Martini)

Ultima – per ora – stazione del percorso di Public Engagement di Unibg “Le radici culturali della violenza”. Una “via crucis et spei” che, dopo aver occupato con “Componimento Sui Generi(s)” e “Isotta” le scene del conflitto e della rabbia, approda alle parole e al canto (eros e logos per biografie, anime, generi “sic mutuo implicantur”).

Sul palco dell’Auditorium, Lab 80 ospitante, Cri – finissima autrice e lettrice – e la band accattivante (Alex Adami – voce e chitarra, Stefano Zeni – violino, Carlo Gordio – chitarre) tessono tensione e attenzione del centinaio di cuori e menti ammaliate: sgretolano corazze ataviche e cortesie futili di un maschile che non vuole/ma vuole accedere alla tenerezza che cura il mostro e accoglie il corpo inerme, ne fa consapevolezza che contiene e coraggio che sperimenta la storia patriarcale.

Nudità omicida del buio, arcobaleno nascente della terra smossa. E tra canzoni ri-suonanti da/per tempi diversi, la parola si fa melograno pregno: pluriversi universi di senso e scienza, poesie tremanti, narrazioni stordite dal precipizio della violenza, ricomposizioni (…Se ti tagliassero a pezzetti…) della libertà che, ora e ancora azzannata dall’ignoranza tronfia di maschi impauriti, non dimentica che ciascuna alba può rigenerarsi e gioire non solo per sé.

Alberto Zatti prologa un controcanto per visitare gli orti progressivi del pudore che tace, oltrepassando i destini incrociati; e poi De Andrè e Murgia, Gaber e Pasolini, Testa e Asor Rosa, Guccini e Ungaretti, Endrigo e Ciccone, Omero e Ferrara, Cavarero, Extebarria e Ossorio, Jannacci e Levinas, Lolli e Bertolucci. Cuori aperti ad uscire, attes* dalla luna complice, nella notte con una larva di stelle accarezzata in tasca.

E adesso aspetterò domani

per avere nostalgia

signora libertà signorina fantasia

così preziosa come il vino così gratis come la tristezza

con la tua nuvola di dubbi e di bellezza.

(F.De Andrè)

 

PS: E non finisce qui: Cri dà appuntamento all’ultima sera di febbraio 2019. Al Teatro S. Alessandro ancora una performance di Alilò per Men in Mouvement

Isotta a Bergamo

28 NOVEMBRE 2018

Mercoledì 28 novembre: nel freddo che sale sereno dal colle al piano, sul confine tra le mura cortesi e lo smarrimento del suburbio, va in scena la seconda tappa del percorso LE RADICI CULTURALI DELLA VIOLENZA, offerta di Public Engagement dell’Università di Bergamo.

Location perfetta (pietre e legno induriti nella resistenza al tempo, ombre nel buio cedevole al grido, platea ammutolita dalla forza della storia) per una performance sublime di Sophie e delle sue marionette, per svelare alle multiformi (nel tempo e nello spazio) declinazioni della storia di Isotta uno sguardo di donna, dolorosamente consapevole “di non avere mai amato me stessa fino in fondo, per amare te, Tristano”. Tragicamente (ed eroicamente al femminile) consapevole di (volere) essere oltre le catene e oltre i destini, di essere chiamata a gridare dal suo antro di lucida follia d’amore l’incitamento vibrante (a tutte le donne, ma anche agli uomini ottusi dal possesso scontato) a – come esplicita Cri nella prefazione al libro di Sophie e Jovica – “ribellarsi, esplorare, desiderare la libertà”.

L’intervento – accorato e piegato a capire/rsi – di un maschio già un po’ plurale delle istituzioni (Sergio Gandi, vicesindaco di Bergamo) ha dato accoglienza al grido – a lungo atteso e curato – di Sophie, già pronto dietro la scena, e ai volti lignei delle marionette; le chiavi di lettura che Elena (Bougleux) e Sara (Bonfanti) – prima e dopo la performance – hanno fornito all’incantata platea, non hanno chiuso un cerchio perfetto, ma hanno aperto nei passi sulle scale verso la notte chiusa l’inciampo improvviso e violento di una domanda eterna: perché?

Romba persistente, come la nenia del tamburino alla chiusura delle mura, l’invito di Isotta: “chiedi, pretendi, ottieni, vivi”.

Isotta: mostraci come fare!

Forse che la speranza muoia? No, se accanto alla violenza denunciata possiamo rintracciare nel maschile di oggi germogli insicuri ma mai negati di tenerezza: è lei che apre all’abbraccio co-evolvente di anime, generi, differenze: restiamo uman*

Appuntamento il 6 dicembre (Auditorium di Piazza Libertà): musica dal vivo, parole dal profondo, lieta resistenza alla barbarie.

Componimento sui generi(s) a Bergamo

24 NOVEMBRE 2018

 

Tanta Alilò ieri alla prima delle tre serate del percorso LE RADICI CULTURALI DELLA VIOLENZA: per una comunità di adulti responsabili, proposto alla cittadinanza dall’iniziativa di Public Engagement dell’Università di Bergamo.

Sold out senza pedaggio; 130 persone a comporre un pubblico eterogeneo, interessato, attento e infine ammaliato dalla magia incorruttibile del COMPONIMENTO“, in una location perfetta per scambiare – tra scena e platea – l’emozione di una verità sublime e profonda, di una bellezza svelata al cuore e interrogante la mente, di identità e storie di difficile componimento, di attese e confronti che promettono legami co-evolventi e speranze di guado, oltre il qui ed ora.

Pietro (Barbetta) e Ivo (Lozzola) sono chiamati in scena, docenti messi in gioco ad aprire le intelligenze. E poi il buio morbido e dolce ai denti della curiosità, avvia l’e-vento. Luigia illumina tempi e misura luci sull’oscurità delle domande, Mauro e Sophie perfezionano con artificio esemplare il tragitto dalla vita alla parola, dalla reclusione nella gabbia che stringe (stereotipi, violenza, subalternità, inconsapevolezza, complicità) al desiderio della libertà che sceglie (autonomia, cura, parità, consapevolezza, reciprocità). Cri aveva usato metodo e intelligenza per indagare con logos rigoroso la fine dei destini già scritti: ora nel dialogo abbraccia ciò che dalla scena è precipitato nelle anime attente del pubblico, mette in spirale aperta passione civile e sguardi consapevoli, subbugli dell’etica a resistere alla rassegnazione e ingaggio dell’estetica a sperimentare nuove gylaniche coesioni.

Nessuno/a ha parlato vanamente di speranza: per non ridurla a parola mascherata. Ma si sente la sua presenza come risveglio non tardivo, nella sera che si è dimenticata fuori: non è compiuta, ma germina lentamente con l’eros della passione intraprendente, del desiderio generativo, del coraggio che ri-lega gemiti parziali di futuro. Grande avvio di una missione in città.

E ora appuntamento a mercoledì 28: prima nazionale alla Porta Sant’Agostino di “Isotta”, di/con Sophie Hamas: una storia che stringe la punta del cuore, perché nessuno/a possa dire: io non avevo capito.